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CASO CLINICO: FRATTURA OMERALE IN UN GATTO

2019-01-09 09:17

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ortopedia, gatto,

CASO CLINICO: FRATTURA OMERALE IN UN GATTO

Favy gattina comune europea di circa 6 mesi, viene portata in visita per una zoppia di 4° grado sull’arto anteriore destro. Alla visita si nota un accorciamento dell’arto più marcato nella zona prossimale con supinazione della mano e mantenimento del dolore profondo.


All’esame radiografico in sedazione si evince la presenza di una frattura trasversa dell’omero del 2° terzo medio con contrazione e dislocazione mediale del moncone distale.


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In accordo coi proprietari si decide di effettuare una riduzione chirurgica della frattura, con stabilizzazione del segmento osseo attraverso l’utilizzo di un fissatore esterno TIE-IN mono-planare bi-laterale (tipo IIA) formato da chiodi di Kirshner filettati, collegati a un barra in acciaio con morsetti Mainard e viene aggiunta una barra antirotazionale.


Durante l’intervento viene utilizzata la tecnica OBNT (open but not touch), in quanto il focolaio di frattura è direttamente sottostante alla proiezione del nervo radiale (importante per l’innervazione del tratto distale del braccio e della mano), in modo da visualizzare il focolaio di frattura e il decorso del nervo, per preservarne l’integrità anatomica.


La gattina viene dimessa dopo 1 giorno di ricovero con la prescrizione di mantenerla confinata per evitare eccessivo movimento dell’arto interessato e con terapie antibiotiche e antidolorifiche.


Vengono effettuati controlli regolari a distanza di 10-15 giorni per valutare la stabilità dell’impianto e il proseguo della guarigione ossea.


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A distanza di 4 settimane dall’intervento si decide di alleggerire l’impianto, per spostare parte delle forze di carico sul callo osseo in formazione e favorirne la “maturazione”.


Dopo altre 2 settimane il callo osseo viene giudicato adeguatamente solido e si procede alla rimozione dell’impianto, si consiglia di mantenere Favy per altre 2 settimane a riposo.


La ripresa di Favy è stata piena e soddisfacente sia dal punto di vista clinico-ortopedico che di qualità di vita.


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L’uso del fissatore esterno per la riduzione di fratture, permette nella maggior parte dei casi, di creare un danno tissutale ridotto in favore di una guarigione più rapida; in quanto si preserva la vascolarizzazione del focolaio di frattura.


Questa tecnica inoltre permette inoltre di far “evolvere” l’impianto aggiungendo o nella maggior parte dei casi togliendo i mezzi di presa (fili di Kirshner) per poi andare a creare le condizioni favorevoli per la corretta formazione del callo osseo.





Dott. Glauco Maffioletti



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